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Sabato, 18 June 2016 12:42

Faccio il volontario

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«Faccio il volontario»: un ingegnere di lungo corso spiega la sua nuova esperienza presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. Regalando interessanti consigli

di FABIO LOSCO                                      13/06/2016

Quando ho detto a un mio amico coetaneo che facevo il volontario in un museo mi è parso di percepire un sentimento di ammi-commiserazione: di ammirazione, perché il lavoro di volontariato è molto ben visto dal punto di vista sociale; di commiserazione, perché l’immagine che si ha del museo in generale non è particolarmente eccitante, almeno per quelli della mia generazione. Devo dire che questa era anche la caratteristica del mio ricordo, vecchio di qualche decennio. Ovvero di quando contattai telefonicamente la responsabile del settore volontari per sentire se c’era qualcosa da fare, visto che da poco avevo smesso di lavorare e non sapevo come passare il tempo. In effetti non c’ero più stato, al Museo della Scienza e della Tecnologia di via San Vittore a Milano (il MUST), da quando da ragazzo andavo al cinema che era situato nell’attuale auditorium. E quando sono andato a fare il “colloquio”, poco più di un anno fa, mi sono reso conto che molto era cambiato. Ma vediamo di inquadrare il contesto.

Un po’ di terminologia - Innanzitutto, perché Museo della Tecnologia e non della Tecnica, come era appunto chiamato fino a qualche anno fa? Dai dizionari sembra che il termine “tecnologia” comprenda un settore più ampio di quello della “tecnica”, in quanto più multidisciplinare. Penso inoltre che ci sia analogia con i concetti differenti di “innovazione” e “novità”. Attingendo dai dizionari, il museo è una raccolta di opere d’arte, di oggetti, di reperti di valore e interesse storico-scientifico. Il MUST è sì ancora una esposizione di oggetti, ma con molta più interazione con i visitatori, cioè con attività di divulgazione e applicazione pratica delle idee e delle metodologie scientifiche e tecniche. Ad esempio, con tanti video touch screen in prossimità degli oggetti e con illustrazioni didattiche, elementi di storia e anche perfino giochi… Inoltre, il coinvolgimento dei visitatori si effettua anche mediante la loro partecipazione all’attività dei laboratori, non solo durante la settimana con le scuole, ma anche nei fine settimana con genitori e nonni, figli e nipoti. Sono infatti operative queste attività per continuare a tenere viva questa “filiera” generazionale. E l’età dei partecipanti va dai tre/quattro anni in su. Che dire: li vedo spesso al museo. Una ventina di bambini della scuola materna che si tengono per mano due a due con tanto di cappellino a visiera e al collo un cartellino identificativo, con una maestra in testa e una in coda che vanno a fare il Laboratorio delle Bolle di Sapone, oppure li portano in bagno prima di riprendere il pullman.
Un po’ di storia - Questo museo è nato nel 1953 per iniziativa dell’ingegner Ucelli di Nemi e inizialmente raccoglieva i primi oggetti nell’edificio del 1500, un tempo abitato dai monaci olivetani, annesso alla chiesa di San Vittore al Corpo e da lui restaurato. Via via negli anni si è arricchito di nuove sezioni: quella ferroviaria, quella aeronavale, quella dello spazio etc. Sino ad arrivare ad ospitare, nel 2005, il sottomarino Toti, la più grande attrazione attuale, con visite guidate al suo interno. Anche se, secondo me, la più grande innovazione è stata la trasformazione da ente di diritto pubblico a Fondazione con acquisizione di personalità giuridica di diritto privato avvenuta il 1° gennaio del 2000. Ciò ha permesso una maggiore autonomia gestionale con possibilità di autofinanziamento per spese di investimento, ampliamenti e miglioramenti, prestazione di servizi vari e incrementi di personale.  Ad esempio, la concessione a grandi aziende, banche, istituzioni pubbliche etc. di particolari spazi per eventi di comunicazione aziendale in una cornice artistica e culturale di grande prestigio si propone come fonte importante di autofinanziamento. Anche perché “senza lilleri non si lallera”, come dicono al mio paese, la Toscana.
Un po’ di numeri - Questa struttura si avvale di 25.000 metri quadrati espositivi su una superficie complessiva di 50.000; di un patrimonio composto da 16.000 beni storici, 45.000 volumi, 50.000 beni fotografici e audiovisivi. A sua volta l’offerta culturale conta su 7 dipartimenti, 15 sezioni espositive, 13 laboratori interattivi, un laboratorio di ricerca in collaborazione con l’Università di Milano, 155 percorsi educativi. Il tutto a fronte di 130 dipendenti, un centinaio di volontari, 180 consiglieri scientifici e una marea di visitatori all’anno. Ferme restando sette sale per convegni, congressi, eventi e spettacoli, un auditorium e un negozio.
Volontariato - Attingiamo dal comunicato stampa del museo del 23 maggio 2016.
È stata siglata oggi la convenzione tra la Fondazione Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” e l'associazione Volontari MUST, che segna la nascita, all’interno del Museo, di una nuova organizzazione di volontariato.
Il Documento è stato firmato dal Direttore Generale del museo, Fiorenzo Galli, e dal Presidente dell’associazione, Luigi Carlini.
L’associazione nasce dalla passione e dall’esigenza, espressa dagli stessi volontari, di essere coinvolti direttamente con il museo e le sue attività. L’idea è quella di stabilire una relazione forte che permetta ai volontari di restituire alla cittadinanza, attraverso il loro operato, quello che il museo rappresenta e soprattutto la loro esperienza.
L’associazione Volontari MUST, inoltre, è alla ricerca di nuove persone interessate all’attività di volontariato per l’accoglienza, che abbiano una buona predisposizione al rapporto con il pubblico e che conoscano almeno una lingua straniera, in particolare cinese, giapponese, russo o arabo, proprio per sviluppare e promuovere il carattere di internazionalità e interculturalità dell’istituzione museale.
Il volontario è una figura utile per il museo perché da una parte accoglie il visitatore, fornendogli le informazioni necessarie per orientarlo e prepararlo alla visita, dall’altra, partecipando attivamente agli eventi culturali dell’istituzione, aiuta e supporta lo sviluppo sociale e civile del museo.
Già dal 2002 il museo ha instaurato una collaborazione con i volontari le cui attività sono condivise con la Direzione Generale e gestite e coordinate da un responsabile del museo.
Attualmente, prestano servizio al museo circa 100 volontari con un’età media di 67 anni e una scolarità elevata: 60 laureati e 40 diplomati.
Si tratta di donne e uomini in pensione, che hanno prestato la loro attività lavorativa all’interno di aziende e società a carattere tecnico-scientifico e umanistico: esperienze che una società e un contesto sociale attenti e responsabili devono valorizzare nell’interesse comune.
In questi anni si sono instaurate relazioni proficue tra i gruppi di volontari, costituiti da studiosi, esperti e appassionati, e il personale del museo, che si sono concretizzate quotidianamente nella manutenzione, nella conservazione e studio delle collezioni e nel supporto agli allestimenti.
I volontari sono suddivisi in gruppi e affiancano lo staff museale, a seconda delle funzioni che aiutano a svolgere: manutenzione e pulitura dei beni museali, degli spazi espositivi e del verde comune; catalogazione, conservazione e valorizzazione dei beni museali; supporto nelle attività educative e nell’accoglienza al pubblico.
Il museo offre anche l’opportunità di viaggi e scambi culturali di volontariato con musei nazionali ed internazionali.
Concretamente: i volontari portano la loro esperienza professionale nell’ambito dell’andamento del museo, senza pesanti obblighi temporali, nei modi e secondo le possibilità e le inclinazioni personali.
Come si vede dai numeri, i volontari rappresentano una importante risorsa operativa, che non intende ovviamente sostituirsi ai dipendenti nei loro compiti istituzionali, ma soltanto collaborare su aspetti importanti, in qualche caso specialistici. Ad esempio, nel gruppo dei “ferrovieri” che si occupa della manutenzione delle locomotive a vapore, figurano ex dipendenti delle Ferrovie dello Stato con specifiche esperienze, anche di vecchia data. Inoltre ci sono giornalisti, ex dirigenti d’azienda e in genere chi abbia una esperienza e in qualche caso una manualità… tecnica.
Un po’ di psicologia spicciola - Siamo, come accennato, un centinaio di volontari e penso che coscientemente o incoscientemente abbiamo altrettante tipologie di motivazioni. Per quanto mi riguarda, cerco di spiegare quale sia stata la mia, suggerita essenzialmente da un briciolo di sano… egoismo. Dopo quasi 50 anni di lavoro (che peraltro mi piaceva molto), l’essere, giustamente, lasciato a casa mi aveva un po’ scombussolato. A parte il rischio di sentirmi improvvisamente una persona inutile. In altre parole, quasi da un giorno all’altro mi sono mancati, nell’ordine: l’uscita mattutina da casa; il contatto quotidiano con persone, collaboratori e colleghi, fornitori, enti di controllo; la partecipazione operativa in progetti tecnici ingegneristici rilevanti per l’azienda; le preoccupazioni/sfide derivanti da problemi fortunatamente non miei. Pertanto ho aumentato un po’ l’attività familiare con figlie, generi e nipoti; sto dedicando maggiore cura alle vicende economiche casalinghe (contratti telefonici, energetici, tasse etc.); ma soprattutto partecipo all’organizzazione dell’associazione Volontari del MUST di recente costituzione. Cosa che mi consente di essere attivo anche nel gruppo Accoglienza Visitatori, il che mi permette di avere un rapporto interattivo con persone provenienti da tutto il mondo. E a tale scopo ho rispolverato anche il francese scolastico e l’inglese lavorativo.
Consiglio quindi agli amici di venire a visitare il museo, magari con figli e/o nipoti soprattutto il sabato e la domenica, e fare qualche laboratorio magari insieme a loro. Per quanto mi riguarda, se sono in “servizio”, li saluto volentieri e se qualcuno ha voglia di fare il volontario gli spiego come vanno le cose. Indirizzandolo a chi si occupa delle “assunzioni”.
In conclusione, devo dire che questo mio nuovo ruolo mi impegna parecchio, in quanto di cose da fare ce ne sono tante. Ma non mi lamento più di tanto. Cioè, mi lamento ancora, ma non più di quanto facessi quando lavoravo in azienda.

fonte: ECONOMIA ITALIANA

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